La settima edizione del Motodays è stata, a mio avviso, quella della speranza negli operatori. A Roma, senza entrare nel merito dei modelli esposti, coloro che sono impegnati nel settore, dai costruttori di moto a quelli di accessori, hanno mostrato la voglia di mettersi alle spalle questa maledetta crisi.

Il mercato negli ultimi anni non solo è cambiato, in peggio, numericamente, ma anche nella composizione dei veicoli acquistati. Sembra che nel 2014 si sia arrestata la discesa e al Motodays ho notato la voglia di “coccolare” ancor di più i motociclisti, con promozioni che non riguardano solo gli aspetti meramente pecuniari. Un insieme di offerte che si basano, per me, nella fiducia nel futuro del mercato. Dietro ogni crisi c’è sempre una ripresa e a Roma la speranza è che la svolta sia dietro l’angolo.

C’è un però; certo l’affluenza di spettatori è stata importante, ma quanti di questi, una volta usciti dalla fiera, spenderanno i propri soldi per acquistare una moto nuova o nuovi accessori? Un conto è l’ammirazione per il nuovo che avanza, un altro è viverlo. Fa piacere vedere che chi “costruisce” il motociclismo sia attivo, ma i nuovi modelli, le nuove offerte, le nuove diavolerie tecniche, da sole non bastano per evitare che il motociclismo diventi un prodotto di nicchia per pochi fortunati.

Mancano le condizioni principali affinchè chi come te che leggi questo articolo si rechi in concessionaria, nel negozio di parti speciali o in quello d’abbigliamento tecnico per spendere: il lavoro e la sua certezza. Hai voglia di coccolarmi, ma se ho un lavoro precario o addirittura sono disoccupato, anche se in me è tanta la passione, è difficile se non improbabile che spenda quello che mi è rimasto per le moto. Quindi va bene la speranza, ma occorre che tutti gli operatori siano uniti, facciano squadra e chiedano al governo una politica seria di rilancio del lavoro.

Non chiedano posti fissi, ma salari non da fame, meno tasse sul lavoro e ammortizzatori sociali per tutti. Infine diano anche loro un contributo in merito; se continuano a delocalizzare e produrre altrove, come possono pretendere un cambio di rotta significativo del mercato?